martedì 18 novembre 2008

Houston, abbiamo un problema...

Quando è stata l'ultima volta che avete visto un bel cielo stellato? Molto probabilmente (se non abitate in posti dimenticati dal signore e dalla ADLS) almeno dalle scorse vacanze, ma potreste anche non ricordarvelo. In ogni caso, questo è un grosso problema; perché non siete voi ad accusare un acutizzarsi di una miopia che non sapevate di avere, ma è il cielo stellato che è scomparso, letteralmente.

Sto parlando dell'inquinamento luminoso che, sommersi dai discorsi più seriosi riguardanti gli altri tipi di inquinamento, viene spesso snobbato. Eppure è la causa della scomparsa delle stelle dal nostro orizzonte, quelle stelle che spesso vediamo in mirabolanti fotografie o rielaborazioni a falsi colori che colpiscono la nostra fantasia, ci fanno sognare e riflettere sul nostro posto nell'universo, sull'esistenza stessa di noi stessi, sulle nostre responsabilità. Quelle stelle sono sempre là, fuori da casa nostra, eterne (per quello che significano milioni di anni rispetto a una singola vita) e disponibili per tutti. Pochi decenni e sono state oscurate dai riflessi nel cielo di lampioni, luci di case, fari di automobili e innumerevoli altre fonti luminose; guardate questa mappa dell'Europa, e inorridite.

Siamo stati noi stessi a toglierci la possibilità di ammirare uno degli spettacoli più grandiosi della natura, che ha accompagnato la storia dell'uomo fin dagli albori, ne ha stimolato le paure, le ansie, le speranze e l'intelligenza, forse è stato uno degli elementi alla base della nascita del sentimento religioso, ha spronato la ricerca scientifica e il pensiero umano in una miriade di campi, e noi l'abbiamo dimenticato. Chissà se sapremo riconquistarcelo e se saremo in grado di stupirci ancora una volta, come bambini, al cospetto della natura.

lunedì 17 novembre 2008

Febbre da Obama

È accaduto. Quasi non ci si crede ancora. Quello che tutte le persone con un minimo di cervello sparse per il mondo hanno sperato accadesse, è accaduto. Anni di follia, egoismo, stupidità, spazzati via come se niente fosse da un semplice voto, una comunissima consultazione democratica, quello che sta alla base di un vero cambiamento. È la democrazia bellezza, e quando la situazione economica ha virato verso il fallimento globale, è giunta una risposta: Barack Obama.

È ancora presto per avere un'idea precisa di quella che sarà la sua presidenza (figuriamoci, non ha nemmeno presentato il suo entourage), eppure le premesse ci sono tutte per quello che i giornali si accaniscono a definire un New Deal Roosveltiano. Osserveremo con attenzione le mosse di un presidente che si appresta a sfidare problemi che fanno impallidire l'11 settembre, e che probabilmente ci terranno occupati per almeno i prossimi dieci anni. È ora di rimboccarsi le maniche, almeno per chi abita al di là dell'atlantico; a noi non resta che guardare e, possibilmente, seguire.

lunedì 3 novembre 2008

Dai, dai, dai che la vinciamo...

Ci siamo, la spasmodica attesa giunge all'agognato termine e la tensione cresce a dismisura. Ormai non se ne può più di cifre che ballano un mambo indiavolato, di interviste ad esperti che tirano indovinare, di frasi ad effetto e pubblicità ingannevoli per spingere anche i più ritrosi a votare per un candidato o l'altro. Eppure, pensare che tutto stia per finire e che il risultato sia a poche ore, inderogabile e definitivo come una sentenza divina, mette molta paura. Paura che l'America, a dispetto dei sondaggi, non voglia cambiare, paura che l'odio, le divisioni e l'ignoranza siano ancora prevalenti, paura che non ci sarà nulla di nuovo sotto il sole.

Ad ogni modo, la sfida è conclusa, quel che i due candidati potevano fare è stato fatto, o ha assunto le sembianze della recriminazione. La campagna democratica è stata dirompente, organizzata e precisa, forse un poco blanda all'inizio e non molto propensa al contrattacco, ma in definitiva si poteva fare poco di più. I Repubblicani hanno sbagliato soprattutto a puntare tutto sulla Palin, ma con una potenza di fuoco pubblicitaria debole non avevano molte altre armi. I grossi scossoni non hanno mandato fuori rotta la campagna, confermando le attese e le previsioni della vigilia; nei sondaggi Obama era ed è in vantaggio. Ora tocca ai singoli, alla testa di ogni elettore deciso a votare, dalle metropoli cosmopolite alle pianure coltivate a mais del cuore dell'America, dai paesini degli Appalachi alle coste californiane, dal caldo delle paludi della Florida alle nevi del Montana.

Questa importantissima, ma non per questo meno pazza, lotteria sta per decretare il vincitore. A noi tocca solo guardare. E sperare...