venerdì 18 aprile 2008

Paradiso nucleare

In un interessante articolo su Repubblica di ieri si parla di una spedizione di biologi marini nell'atollo di Bikini, infaustamente conosciuto per gli esperimenti nucleari americani tra il 1946 e il 1958. Questo piccolo atollo delle Isole Marshall vide l'esplosione di ben 23 ordigni atomici e nucleari, tra quelli in atmosfera e quelli in acqua, il cui più famoso è la prima bomba termonucleare della storia, ribattezzata 'Shrimp', durante l'esperimento Castle Bravo il 1 marzo 1954. La potenza teorica dell'ordigno era di 6 megatoni, ma a causa di un imprecisione di calcolo il risultato effettivo fu di 15 megatoni. La ricaduta radioattiva conseguente fu molto più estesa del previsto e portò all'evacuazione di tre isole sottovento e alla contaminazione di un peschereccio giapponese trovatosi nel posto sbagliato.

Alla fine della lunga serie di esperimenti, l'atollo venne abbandonato ed è tuttora inabitabile a causa delle radiazioni; esiste a questo proposito un interessante documentario del 1988, Radio Bikini, che descrive come gli indigeni siano stati deportati dal loro atollo e di come debbano ancora vivere su un'altra isola con i sussidi statunitensi, senza grosse speranze di poter tornare nella loro terra di origine.

Gli scienziati, provenienti da diversi gruppi di ricerca da tutto il mondo, sono stati i primi a 50 anni di distanza dalla fine degli esperimenti a poter svolgere ricerche approfondite sulla vita della laguna, scoprendo che flora e fauna hanno ripopolato le aree contaminate; più in dettaglio si è visto che parte delle specie di coralli originarie sono scomparse a causa delle radiazioni, ma quelle rimaste, approfittando della mancanza dell'influenza umana sono cresciute a dismisura, sviluppandosi in enormi banchi che si estendono per centinaia di metri. Mentre nel resto del pianeta le barriere coralline sono in ritirata a causa del riscaldamento globale, in questo angolo del mondo forzatamente isolato stanno prosperando.

Un caso simile è accaduto a Chernobyl, dove, dopo il disastro, per vent'anni la zona è rimasta completamente interdetta alla popolazione: ora è l'area più selvaggia e ricca di fauna e flora (sono tornati cervi, lupi, linci e orsi) dell'intera Europa, mentre specie particolari di funghi attecchiscono rigogliosi anche sul sarcofago di cemento che ricopre il reattore.

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