Premettendo il fatto che al primo ascolto dell'ultimo album dei Radiohead, uscito in anticipo di un giorno venerdì 18 febbraio, ho avuto la stessa tentazione che ebbi al primo ascolto di Kid A, cioè quello di lanciare il CD fuori dalla finestra, dopo vari ascolti si inizia a comprendere che come al solito la band inglese non è impazzita. Almeno non completamente.
Si tratta sicuramente di un'opera ostica, con complesse strumentazioni elettroniche, loop e riverberi che rendono misteriose le melodie e le sorprendenti basi ritmiche, ma che continua la strada di esplorazioni sonore intrapresa molto tempo fa, ai tempi di Kid A e di Amnesiac. L'album è di soli otto brani e già c'è chi specula che possa uscire una seconda parte nel futuro. Sicuramente più brani di questo tipo sarebbero risultati indigesti a molti, però si recupera quell'aria di sperimentazione che c'è nei primi album dei Pink Floyd, quando per ascoltare e apprezzare un disco c'era bisogno di una concentrazione molto più intensa. E proprio a proposito della musica psichedelica anni '70, mi viene da pensare che questo The King Of Limbs (il nome proviene da un vecchio albero nella foresta vicino allo studio di registrazione dei Radiohead), pieno di atmosfere misteriose e canti di uccelli, tenti di instaurare una possibile unione spirituale con una natura sempre più lontana dalle nostre vite. Che l'album si ascolti meglio con l'aiuto dei funghi magici?
giovedì 24 febbraio 2011
lunedì 27 dicembre 2010
Il colore centenario
Rovistando su internet si fanno molto spesso scoperte interessanti. Una di queste è la collezione di vecchie foto che la bilbioteca del Congresso degli Stati Uniti mette a disposizione di tutti, dopo una costante opera di digitalizzazione. Sono documenti che risalgono alla seconda guerra mondiale, alla depressione, addirittura alla guerra di secessione.
Negli ultimi tempi sono stati inseriti gruppi di fotografie a colori che sorprendono a causa della nostra abitudine a vedere le immagini d'epoca solo in bianco e nero; l'effetto è decisamente straniante. Qui potete vedere una serie recentemente pubblicata, con esemplari risalenti ai primi anni '40, provenienti dagli Stati Uniti. La maggior parte sono ricavate da copie fatte dalle originali diapositive Kodachrome, che all'epoca erano all'avanguardia nella riproduzione fotografica a colori. Ironico che dopo più di settant'anni di servizio la pellicola sia stata abbandonata proprio in questi giorni, soprattutto vedendo la qualità della resa cromatica dopo tanto tempo. Un'altra serie di Kodachrome (incentrata sullo sforzo bellico americano nella seconda guerra mondiale) la potete trovare a questo indirizzo.
Molto interessante è anche questa serie proveniente dalla Russia zarista (stiamo parlando di fotografie prese tra il 1910 e il 1915) del fotografo Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii, incaricato di indagare gli sterminati territori russi, un po' come faranno durante la depressione i fotografi americani della FSA.
All'epoca esistevano molti modi di fare foto a colori, quasi tutti estremamente laboriosi e costosi e poco diffusi. Il metodo qui impiegato dal fotografo russo consisteva nell'esporre in rapidità tre lastre in bianco e nero con un filtro di colore diverso. Per vedere la foto a colori si procedeva poi alla proiezione in contemporanea dei negativi con i tre filtri (rosso verde e blu).
Nell'era del digitale, dove migliaia di scatti ogni giorno si aggiungono allo sterminato calderone visivo che ci circonda, è da queste fotografie lontane nel tempo che si può ricavare una certa prospettiva.
Negli ultimi tempi sono stati inseriti gruppi di fotografie a colori che sorprendono a causa della nostra abitudine a vedere le immagini d'epoca solo in bianco e nero; l'effetto è decisamente straniante. Qui potete vedere una serie recentemente pubblicata, con esemplari risalenti ai primi anni '40, provenienti dagli Stati Uniti. La maggior parte sono ricavate da copie fatte dalle originali diapositive Kodachrome, che all'epoca erano all'avanguardia nella riproduzione fotografica a colori. Ironico che dopo più di settant'anni di servizio la pellicola sia stata abbandonata proprio in questi giorni, soprattutto vedendo la qualità della resa cromatica dopo tanto tempo. Un'altra serie di Kodachrome (incentrata sullo sforzo bellico americano nella seconda guerra mondiale) la potete trovare a questo indirizzo.
Molto interessante è anche questa serie proveniente dalla Russia zarista (stiamo parlando di fotografie prese tra il 1910 e il 1915) del fotografo Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii, incaricato di indagare gli sterminati territori russi, un po' come faranno durante la depressione i fotografi americani della FSA.
All'epoca esistevano molti modi di fare foto a colori, quasi tutti estremamente laboriosi e costosi e poco diffusi. Il metodo qui impiegato dal fotografo russo consisteva nell'esporre in rapidità tre lastre in bianco e nero con un filtro di colore diverso. Per vedere la foto a colori si procedeva poi alla proiezione in contemporanea dei negativi con i tre filtri (rosso verde e blu).
Nell'era del digitale, dove migliaia di scatti ogni giorno si aggiungono allo sterminato calderone visivo che ci circonda, è da queste fotografie lontane nel tempo che si può ricavare una certa prospettiva.
domenica 12 dicembre 2010
Mama Took My Kodachrome Away
Parafrasando la famosa canzone di Paul Simon, cantiamo la dipartita della più famosa pellicola diapositiva del mondo. La possibilità di sviluppare le proprie foto utilizzando la Kodachrome giunge infatti alla fine il 30 dicembre 2010, a poco più di un anno dalla fine della produzione attuata dalla Kodak per mancanza di profitti.
Io ho appena spedito gli ultimi quattro rullini, giusto come ricordo dei tempi andati. Si tratta più che altro di una nostalgia, visto che in realtà, al di là della spallata data dal digitale, erano i tempi di attesa ad aver 'ucciso' questo prodotto; una settimana, quando andava bene, per aspettare le proprie foto era davvero troppo (senza considerare che è rimasto solo un laboratorio attrezzato in tutto il mondo, Dwayne's Photo). Inoltre altre pellicole (vedi Velvia e Ektachrome in primis) sono da tempo disponibili con una resa dei colori molto più satura e un livello di dettaglio comparabile, con tempi di consegna della pellicola sviluppata dell'ordine del giorno e con una maggiore qualità in fase di scansione. Insomma, la Kodachrome è una pellicola datata (fece il suo debutto nel 1935), soppiantata dalla velocità del digitale e dalla qualità delle emulsioni, ma rimane nella storia della fotografia (vedi la bambina afghana ritratta da Steve McCurry) e nella memoria di migliaia di fotografi, oltre a milioni di esemplari nei cassetti di tutto il mondo, con la sua inimitabile (quella si) pallette di colori pastello e la quantità di dettagli contenuti in quel piccolo rettangolo 24x36.
Per maggiori dettagli e la storia di questo pezzo di tecnologia potete leggervi la voce Kodachrome su Wikipedia.
Io ho appena spedito gli ultimi quattro rullini, giusto come ricordo dei tempi andati. Si tratta più che altro di una nostalgia, visto che in realtà, al di là della spallata data dal digitale, erano i tempi di attesa ad aver 'ucciso' questo prodotto; una settimana, quando andava bene, per aspettare le proprie foto era davvero troppo (senza considerare che è rimasto solo un laboratorio attrezzato in tutto il mondo, Dwayne's Photo). Inoltre altre pellicole (vedi Velvia e Ektachrome in primis) sono da tempo disponibili con una resa dei colori molto più satura e un livello di dettaglio comparabile, con tempi di consegna della pellicola sviluppata dell'ordine del giorno e con una maggiore qualità in fase di scansione. Insomma, la Kodachrome è una pellicola datata (fece il suo debutto nel 1935), soppiantata dalla velocità del digitale e dalla qualità delle emulsioni, ma rimane nella storia della fotografia (vedi la bambina afghana ritratta da Steve McCurry) e nella memoria di migliaia di fotografi, oltre a milioni di esemplari nei cassetti di tutto il mondo, con la sua inimitabile (quella si) pallette di colori pastello e la quantità di dettagli contenuti in quel piccolo rettangolo 24x36.
Per maggiori dettagli e la storia di questo pezzo di tecnologia potete leggervi la voce Kodachrome su Wikipedia.
sabato 27 novembre 2010
Kaboom!
Rubo il titolo all'ultimo film di Gregg Araki (presto in uscita) per rompere il digiuno da post e segnalarvi un capolavoro cinematografico che rischia di passare inosservato.
Si tratta di Scott Pilgrim vs The World, attualmente nelle sale in Italia, dove troviamo Michael Cera (il fidanzatino di Juno, per intenderci) alle prese con una sfida mortale per poter conquistare la ragazza dei suoi sogni (Mary Elizabeth Winstead), tra citazioni di videogiochi, musica indie e una lega di malvagi ex fidanzati tutta da ridere. Una vera e propria descrizione è complicata, perché il film è un misto di generi (tratto da un fumetto) con un montaggio spettacolare e un uso assolutamente non ortodosso degli effetti speciali, sia visivi che sonori. Praticamente non c'è un secondo di pausa nel calembour visivo e acustico (vi consiglio di guardarlo in originale) che rende il risultato una vera e propria esperienza più che un film. Inoltre, molte delle canzoni nel film sono di Beck (e già questo vale il prezzo del biglietto), compresa la ballata Ramona, una vera chicca.
Qui trovate il trailer in italiano, e qui quello originale. E se siete patiti di fumetti e soprattutto di videogiochi (quelli veri, anni ottanta!) non potete assolutamente perdervelo. Vi dico solo che la sigla iniziale della Universal è in 8 bit. Io vi ho avvertiti!
P.S. Ho appena guardato il trailer in italiano. Il doppiaggio è osceno, quindi se potete guardatelo in originale con i sottotitoli.
Si tratta di Scott Pilgrim vs The World, attualmente nelle sale in Italia, dove troviamo Michael Cera (il fidanzatino di Juno, per intenderci) alle prese con una sfida mortale per poter conquistare la ragazza dei suoi sogni (Mary Elizabeth Winstead), tra citazioni di videogiochi, musica indie e una lega di malvagi ex fidanzati tutta da ridere. Una vera e propria descrizione è complicata, perché il film è un misto di generi (tratto da un fumetto) con un montaggio spettacolare e un uso assolutamente non ortodosso degli effetti speciali, sia visivi che sonori. Praticamente non c'è un secondo di pausa nel calembour visivo e acustico (vi consiglio di guardarlo in originale) che rende il risultato una vera e propria esperienza più che un film. Inoltre, molte delle canzoni nel film sono di Beck (e già questo vale il prezzo del biglietto), compresa la ballata Ramona, una vera chicca.
Qui trovate il trailer in italiano, e qui quello originale. E se siete patiti di fumetti e soprattutto di videogiochi (quelli veri, anni ottanta!) non potete assolutamente perdervelo. Vi dico solo che la sigla iniziale della Universal è in 8 bit. Io vi ho avvertiti!
P.S. Ho appena guardato il trailer in italiano. Il doppiaggio è osceno, quindi se potete guardatelo in originale con i sottotitoli.
mercoledì 9 giugno 2010
Varie ed eventuali
Molto istruttivo come una notizia possa essere interpretata in mille modi diversi, e ancora più interessante come al passaggio da una testata ad un'altra lo stesso articolo assuma connotazioni diverse (date dalla diversa forma di comunicazione, dall'impaginazione, dalle foto scelte per illustrare la notizia, dal contesto, ecc.) e rifletta le ideologie (non in senso politico) della testata. L' 8 di giugno leggo sul New York Times un interessante articolo sulla ricerca di nuove modelle nella regione brasiliana del Rio Grande Do Sul. Il tutto è corredato da un filmato e da una serie di fotografie tipicamente 'giornalistiche'. Serietà, dunque.
Oggi 9 giugno l'articolo appare tradotto sulla Repubblica, con una foto del servizio del New York Times, ma un titolo che sbilancia l'articolo sulla ricerca della modella perfetta, mentre il titolo originale (Off Runway, Brazilian Beauty Goes Beyond Blond) sottolinea la discrepanza tra la bellezza che emerge nella popolazione brasiliana e quella che appare sulle passerelle internazionali, rispettando mglio il contenuto dell'articolo. Bene.
Nell'edizione di mezzogiorno Studio Aperto, senza citare la fonte originale, al contrario di Repubblica, presenta un filmato con spezzoni dove le più famose modelle brasiliane posano in costumi succinti, mentre la voce off presenta un articolo condensato dove svanisce l'opposizione centrale nell'articolo originale e si calca la mano sul fatto che ora non bastano le misure ma serve un preciso 'cocktail' genetico che si trova appunto in questa zona particolare del Brasile, tralasciando inoltre i problemi che le ragazze incontrano passando dalla campagna a una megalopoli come San Paolo, i metodi dei talent scout, le aspirazioni e le condizioni economiche non sempre floride delle protagoniste. Lascio a voi il decidere se questo è ancora giornalismo o semplice avanspettacolo...
Oggi 9 giugno l'articolo appare tradotto sulla Repubblica, con una foto del servizio del New York Times, ma un titolo che sbilancia l'articolo sulla ricerca della modella perfetta, mentre il titolo originale (Off Runway, Brazilian Beauty Goes Beyond Blond) sottolinea la discrepanza tra la bellezza che emerge nella popolazione brasiliana e quella che appare sulle passerelle internazionali, rispettando mglio il contenuto dell'articolo. Bene.
Nell'edizione di mezzogiorno Studio Aperto, senza citare la fonte originale, al contrario di Repubblica, presenta un filmato con spezzoni dove le più famose modelle brasiliane posano in costumi succinti, mentre la voce off presenta un articolo condensato dove svanisce l'opposizione centrale nell'articolo originale e si calca la mano sul fatto che ora non bastano le misure ma serve un preciso 'cocktail' genetico che si trova appunto in questa zona particolare del Brasile, tralasciando inoltre i problemi che le ragazze incontrano passando dalla campagna a una megalopoli come San Paolo, i metodi dei talent scout, le aspirazioni e le condizioni economiche non sempre floride delle protagoniste. Lascio a voi il decidere se questo è ancora giornalismo o semplice avanspettacolo...
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lunedì 7 giugno 2010
Il poker della Mela
Si sono spente le luci sul keynote di Steve Jobs a San Francisco e la rete già impazzisce con i commenti più disparati sul nuovo nato della Apple: iPhone 4. In attesa di vederlo dal vivo, per provarlo e poterlo giudicare seriamente, da quel che si è visto si può dire che le migliorie hardware sono veramente impressionanti e credo sinceramente che non si potesse fare molto di più. Il nuovo schermo ha una densità di pixel quattro volte superiore al precedente, si è aggiunta una videocamera sul fronte per le videochiamate, la fotocamera è arrivata a cinque megapixel e si aggiunge ai vari sensori un giroscopio.
Sulle novità software molti sono i critici, ma sinceramente l'OS di iPhone era già mostruoso per quanto riguarda l'usabilità, quindi l'aggiunta del multitasking, le videochiamate e gli stacks per le applicazioni non fanno gridare al miracolo perché il miracolo c'è già stato nel 2007, alla presentazione del primo iPhone.
Un commento a parte merita il design, completamente rinnovato. Si perde il retro a conchiglia e si torna in un certo senso al piatto del 2g (che in fatto di stile è nettamente migliore di 3g e 3gs, troppo plasticosi), con l'aggiunta del bordo completamente innovato (praticamente la scocca esterna è una grossa antenna per wifi e UMTS) e il nuovo disegno dei pulsanti. Il tutto fa molto Braun anni '60, con una pulizia di stile invidiabile. Si attende la prova tattile per un giudizio completo, ma dalle foto il prodotto è molto bello. Mi complimento con Ive per il cambio di stile deciso ma comprensibile.
Eccovi intanto il video di presentazione dell'iPhone 4.
Sulle novità software molti sono i critici, ma sinceramente l'OS di iPhone era già mostruoso per quanto riguarda l'usabilità, quindi l'aggiunta del multitasking, le videochiamate e gli stacks per le applicazioni non fanno gridare al miracolo perché il miracolo c'è già stato nel 2007, alla presentazione del primo iPhone.
Un commento a parte merita il design, completamente rinnovato. Si perde il retro a conchiglia e si torna in un certo senso al piatto del 2g (che in fatto di stile è nettamente migliore di 3g e 3gs, troppo plasticosi), con l'aggiunta del bordo completamente innovato (praticamente la scocca esterna è una grossa antenna per wifi e UMTS) e il nuovo disegno dei pulsanti. Il tutto fa molto Braun anni '60, con una pulizia di stile invidiabile. Si attende la prova tattile per un giudizio completo, ma dalle foto il prodotto è molto bello. Mi complimento con Ive per il cambio di stile deciso ma comprensibile.
Eccovi intanto il video di presentazione dell'iPhone 4.
giovedì 3 giugno 2010
Lavori impossibili
Dopo una lunga pausa di riflessione, eccomi di nuovo a scrivere articoli nuovi nuovi dalla mia esperienza di turista per caso in quella meravigliosa terra del mistero che è il Giappone. Scelgo di iniziare con un post sui lavori giapponesi più strani perché, come tutti sapete, gli abitanti della terra del sol levante pensano solo a quello, ma soprattutto in un modo tutto loro. Il primo esempio è questo povero omino che dalle parti di Tsukiji si dilettava in una delle poche giornate di festa nazionale e sotto un sole inclemente a strappare i fili d'erba che crescono tra le fessure del marciapiede, aiutandosi con una piccola roncola completamente inutile all'uso, riponendoli in un apposito sacco (i fili d'erba), prima di spostarsi in un altro angolo di strada alla ricerca di qualche testarda piantina da svellere con furore. Il tutto (l'omino) dotato di tuta regolamentare e scarponi antinfortunistica, come da regolamento.
Come non citare poi l'addetto alla pulizia degli scorrimano delle scale mobili all'interno della metropolitana di Tokyo (che per inciso è una vera e propria città sotterranea, munita di ogni comodità, compreso il calzolaio). Questo pover uomo premeva uno straccio sullo scorrimano, passando tutto il giorno da uno all'altro. Terzo in ordine di follia l'incaricato di un cantiere che fa l'inchino a chi passa di lì (ormai figura evidentemente obsoleta, visto che spesso viene sostituita da una sagoma o da un cartello, ma vuoi mettere il contatto umano?), gaijin compresi.
E la polizia? In qualsiasi altro posto farebbero i poliziotti, ma purtroppo in Giappone il tasso di criminalità è così basso che oltre a dare informazioni stradali (che assolutamente non sanno dare, non sapendo nemmeno dove si trovano in quel momento) e a bullarsi con i bastoni-segnalatori luminosi (che purtroppo per loro non sono vere spade laser) non possono fare molto altro. Quindi li vedi girare in bicicletta per le strade, probabilmente impegnati a guardare se il malcapitato di turno ha fallito nella pulizia dei marciapiedi da quegli stramaledettissimi fili d'erba che infestano le altrimenti immacolate strade giapponesi.
つづく
Come non citare poi l'addetto alla pulizia degli scorrimano delle scale mobili all'interno della metropolitana di Tokyo (che per inciso è una vera e propria città sotterranea, munita di ogni comodità, compreso il calzolaio). Questo pover uomo premeva uno straccio sullo scorrimano, passando tutto il giorno da uno all'altro. Terzo in ordine di follia l'incaricato di un cantiere che fa l'inchino a chi passa di lì (ormai figura evidentemente obsoleta, visto che spesso viene sostituita da una sagoma o da un cartello, ma vuoi mettere il contatto umano?), gaijin compresi.
E la polizia? In qualsiasi altro posto farebbero i poliziotti, ma purtroppo in Giappone il tasso di criminalità è così basso che oltre a dare informazioni stradali (che assolutamente non sanno dare, non sapendo nemmeno dove si trovano in quel momento) e a bullarsi con i bastoni-segnalatori luminosi (che purtroppo per loro non sono vere spade laser) non possono fare molto altro. Quindi li vedi girare in bicicletta per le strade, probabilmente impegnati a guardare se il malcapitato di turno ha fallito nella pulizia dei marciapiedi da quegli stramaledettissimi fili d'erba che infestano le altrimenti immacolate strade giapponesi.
つづく
giovedì 22 aprile 2010
God save Nick Clegg
Guardando il secondo dibattito dei candidati inglesi alle prossime elezioni in diretta sul sito della BBC, non riesco a non pensare alla incredibile tristezza che caratterizza l'Italia. Non solo i candidati dalle nostre parti sono impresentabili, ma si rifiutano addirittura di sottoporsi a un normale dibattito (normale per il resto delle nazioni evolute del resto del mondo) che spesso è l'unico modo per vedere un futuro capo politico sotto pressione.
Tornando al dibattito inglese è sorprendente vedere come la gestione del tempo, dei turni, il rispetto nei confronti di chi parla anche se è un tuo avversario siano dati per scontato. Il caso di Nick Clegg, che è riuscito a spostare i sondaggi con una eccellente prestazione al precedente dibattito non sarebbe mai potuto accadere in un paese dove il moderatore lavora per uno dei candidati. I punti nuovi delle risposte di Clegg sono l'europeismo (visto negativamente dalla maggioranza degli inglesi), l'ambientalismo, ma soprattutto la sua visione sulla paura. Finalmente un politico che dice alla gente che non deve avere paura, che il mondo non sta per finire, che bisogna pensare ai problemi non perché non ci sono opzioni, ma proprio perché è con le scelte coraggiose che si esce dalle crisi (economiche e umane). È sorprendente come un partito emerso dall'ombra dei due principali partiti stia attraendo così tanti voti (almeno nei sondaggi) accendendo la speranza di migliaia di elettori ormai stufi delle stesse facce. Vedremo poi alla fine se la nuova formazione riuscirà a realizzare quello che fino a poco tempo fa era solo un sogno. Sicuramente i Lib-Dem si sono presentati come un partito giovane, in senso propositivo, al passo coi tempi e ricco di idee. Chissà che la vecchia Inghilterra non si riveli come la nazione più coraggiosa dell'intera Europa.
Tornando al dibattito inglese è sorprendente vedere come la gestione del tempo, dei turni, il rispetto nei confronti di chi parla anche se è un tuo avversario siano dati per scontato. Il caso di Nick Clegg, che è riuscito a spostare i sondaggi con una eccellente prestazione al precedente dibattito non sarebbe mai potuto accadere in un paese dove il moderatore lavora per uno dei candidati. I punti nuovi delle risposte di Clegg sono l'europeismo (visto negativamente dalla maggioranza degli inglesi), l'ambientalismo, ma soprattutto la sua visione sulla paura. Finalmente un politico che dice alla gente che non deve avere paura, che il mondo non sta per finire, che bisogna pensare ai problemi non perché non ci sono opzioni, ma proprio perché è con le scelte coraggiose che si esce dalle crisi (economiche e umane). È sorprendente come un partito emerso dall'ombra dei due principali partiti stia attraendo così tanti voti (almeno nei sondaggi) accendendo la speranza di migliaia di elettori ormai stufi delle stesse facce. Vedremo poi alla fine se la nuova formazione riuscirà a realizzare quello che fino a poco tempo fa era solo un sogno. Sicuramente i Lib-Dem si sono presentati come un partito giovane, in senso propositivo, al passo coi tempi e ricco di idee. Chissà che la vecchia Inghilterra non si riveli come la nazione più coraggiosa dell'intera Europa.
venerdì 16 aprile 2010
Lo scatto infinito
Mi sono trovato per vari motivi a leggere molti libri di fotografia e ho deciso di fare un elenco di quelli che trovo più utili. Sono tutti libri che parlano di fotografia, non di come si fanno foto, quindi non c'è nessun libro tecnico sul funzionamento di macchine fotografiche, disquisizioni su digitale e pellicole o simili. Se però siete interessati al concetto di fotografia e come vedere in modo nuovo un mezzo ormai antico, preparatevi per una scorpacciata.
Leggere la fotografia di Augusto Pieroni è sicuramente il libro migliore per cominciare, per la sua snellezza e per la sua semplicità, in grado di approfondire spesso in modo illuminante una materia dove si è sentito tutto e il contrario di tutto.
Non si possono non citare poi La camera chiara di Roland Barthes e Sulla fotografia di Susan Sontag, divenuti storicamente due pilastri per gli studi sulla fotografia (impossibile trovare un libro serio che non li citi almeno una volta).
Se poi si ha voglia di andare veramente in profondità, il libro che fa per voi è Le idee sulla fotografia di Claudio Marra; molto denso, ampio e illuminante su una miriade di tematiche ma anche molto impegnativo.
A parte cito un libro che mi affascina anche se usa la storia della fotografia come pretesto per un flusso di pensieri in libertà non sempre condivisibili ma spesso sorprendenti: L'infinito istante di Geoff Dyer.
Per concludere una bella raccolta di foto, con la f maiuscola. Immagini che hanno fatto la storia prima del giornalismo e poi della nostra stessa cultura, foto di cui spesso ignoriamo l'autore ma che abbiamo visto fin da bambini: parlo dell'edizione fatta da Contrasto delle foto di LIFE. Buona lettura/visione.
Leggere la fotografia di Augusto Pieroni è sicuramente il libro migliore per cominciare, per la sua snellezza e per la sua semplicità, in grado di approfondire spesso in modo illuminante una materia dove si è sentito tutto e il contrario di tutto.
Non si possono non citare poi La camera chiara di Roland Barthes e Sulla fotografia di Susan Sontag, divenuti storicamente due pilastri per gli studi sulla fotografia (impossibile trovare un libro serio che non li citi almeno una volta).
Se poi si ha voglia di andare veramente in profondità, il libro che fa per voi è Le idee sulla fotografia di Claudio Marra; molto denso, ampio e illuminante su una miriade di tematiche ma anche molto impegnativo.
A parte cito un libro che mi affascina anche se usa la storia della fotografia come pretesto per un flusso di pensieri in libertà non sempre condivisibili ma spesso sorprendenti: L'infinito istante di Geoff Dyer.
Per concludere una bella raccolta di foto, con la f maiuscola. Immagini che hanno fatto la storia prima del giornalismo e poi della nostra stessa cultura, foto di cui spesso ignoriamo l'autore ma che abbiamo visto fin da bambini: parlo dell'edizione fatta da Contrasto delle foto di LIFE. Buona lettura/visione.
sabato 10 aprile 2010
Gli inetti
E così, puntuale come un orologio svizzero, il governo che si è salvato alle regionali tira fuori il dossier sul nucleare e riparte di slancio con nuovi accordi tra Francia e Italia e la promessa di utilizzare ogni mezzo (leggi: la televisione) per fare innamorare gli italiani e l'atomo. Come se non bastasse, subito dopo il voto (figurati) emerge la fortissima possibilità di un grosso buco nel bilancio statale da appianare con una manovra aggiuntiva. Tremonti nega, ma si vedrà poi alla fine, visto che le parole del ministro dell'economia sono lette ormai come le sentenze della Sibilla, solo molto meno poetiche. Aggiungiamoci l'approvazione di una legge che inguaia i piccoli editori e che in piena crisi dovranno sobbarcarsi l'incremento delle spese di spedizione (tagliando le gambe alle vendite in rete). Era ovvio che queste mazzate emergessero per volontà del governo solo dopo le elezioni; la vera questione è che diavolo ci sta a fare l'opposizione se nemmeno in campagna elettorale è in grado di sottolineare i punti deboli della maggioranza.
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